Puoi acquistare tutti i libri di Jacopo qui

Torna all'indice dei libri

DVD La Vera storia del mondo

DVD Corso di Yoga Demenziale

Iscriviti a Cacao buone notizie

Il blog di Jacopo Fo

I video di Jacopo

Gli articoli di Jacopo per il Cacao della domenica

Gruppo d'acquisto di pannelli fotovoltaici

Gruppo d'acquisto energia rinnovabile

Altri gruppi d'acquisto ecologici

Libera Università di Alcatraz

I corsi sulle ecotecnologie organizzati da Alcatraz

Consultazione rapida dei nostri siti

www.sessosublime.it
www.clinicaverde.it
www.commercioetico.it
www.energiaarcobaleno.it
www.amoreamore.it
www.cacaonline.it
www.alcatraz.it
www.networketico.com
www.francarame.it
www.dariofo.it
www.mariopirovano.it
www.eleonoraalbanese.it
www.atlantide.tv
www.comicoterapia.it
www.jacopofo.com
www.mercidolci.it
www.stradaalternativa.com

COME ANDARE A CAVALLO
SENZA FARSI MALE

Continua da pag.1

IL CAVALLO NELLA STORIA

Il cavallo è originario delle grandi pianure. Una volta i cavalli erano molto piccoli e, pare abitassero in Mongolia. Sono erbivori e sono diventati molto veloci per sfuggire alle belve. Questo fatto è in nucleo fondamentale della loro psicologia. Il cavallo si spaventa e scappa. Messo alle strette scalcia. I quadrupedi, cioè non sono aggressivi. Possono diventare pericolosi solo se hanno paura.

COME INIZIÒ

Il primo rapporto che l'uomo ebbe con il cavallo fu di tipo molto elementare: mangiarlo. A quei tempi non si trattava di un'impresa semplice. Anche se i cavalli erano un po' più piccoli di quanto lo siano oggi, erano pur sempre delle grosse bestie molto veloci.
Abbattere un cavallo con una pietra o con un bastone era un'impresa quasi impossibile. L'unica possibilità era di ferirlo e poi inseguirlo fino a quando non crollava. Ed anche questa non era impresa da poco. Addomesticare un cavallo non fu di certo una cosa semplice. A quei tempi i cavalli erano più piccoli (poco più di un metro e venti centrimetri al garrese), ma erano sempre belve che pesavano più di tre quintali. Anche gli uomini, però, erano più piccoli (circa un metro e cinquanta), il che riequilibrava le cose.

Pensare di controllare simili colossi e usarli per andarci in groppa fu un'idea veramente azzardata. Tantopiù se si pensa che i primi cavalieri non disponevano né di selle, né di morsi e neppure di briglie e capezze costruite razionalmente. È facile intuire che la cosa avvenne per gradi. Dapprima i cavalli vennero catturati in spazi ristretti. Venivano spinti in gole e vallette scelte apposta per la loro particolare conformazione. Erano valli chiuse su tutti i lati da pareti naturali inaccessibili e dotate di vie d'accesso facilmente sbarrabili con rami e pietre. Queste valli dovevano essere abbastanza ampie da fornire ai cavalli erba ed acqua.
In questo modo venivano trattenuti e poi via via abbattuti. Venivano cioè usati come riserva di carne. Era un sistema molto più comodo della caccia, perché è molto più facile abbattere un animale dopo averlo rinchiuso in uno spazio ristretto. Specie un animale che basa le sue possibilità di salvezza sulla corsa. Uccidere così le prede diventò molto più facile, ma sicuramente era ancora un'impresa notevole, visto che i nostri antenati avevano a disposizione solo pietre e bastoni.
Ovviamente i cavalli così trattati non erano ideali per diventare animali da lavoro e, d'altra parte, tutte le bestie dovevano essere abbattute con l'arrivo della cattiva stagione perchè non si conosceva ancora il modo per produrre e conservare fieno e granaglie sufficienti a nutrire le bestie d'inverno. Seguire un branco di cavalli senza che scappino comporta però che sia stato addomesticato. Non devono aver paura dell'uomo.

C'era però il problema che ogni anno bisognava catturare nuovi equini spingendoli all'interno dei recinti. E non era cosa semplice. Tant'è, che alla fine si scelse un'altra soluzione: addomesticare un piccolo branco e vivere seguendolo nella stagione invernale alla ricerca di nuovi pascoli. Cioè, in mancanza della capacità di accumulare enormi scorte per l'inverno si preferì adattarsi alla vita dei cavalli. Cosa non così difficile in quanto generalmente i gruppi umani antichi si spostavano all'interno del loro territorio via via che erbe e prede si esaurivano.
Nacque così una vita simbiotica tra umanità e bestiame (cioè anche bovini, ovini, caprini...). Sono felice di non aver mai dovuto controllare un branco di equini selvaggi nella pianura del fiume giallo senza neanche un cavallo domato per corrergli dietro. Tempi duri per gli iniziatori. Dopo i primi successi nella domesticazione i cavalli divennero un grosso affare per gli umani. Davano sempre molto lavoro, ma una volta abituati alla presenza dell'uomo diventarono più facili da controllare e da abbattere.

Non si hanno notizie di come ci si riuscì. Forse si iniziò con una sola cavalla ferita che non venne macellata ma curata. Forse con un puledrino che venne risparmiato in una caccia. Forse si inventarono sistemi più complessi dei quali non sapremo mai nulla. Ad esempio una metodologia incredibile usata dagli indiani d'America per ammansire piccoli branchi di bisonti, era basata sul fuoco.
La tribù si armava di torce accese e costituiva una rete umana di battitori che circondavano in un grande cerchio alcuni animali, separandoli così dal grosso del branco. Bisognava poi riuscire a mantenere l'accerchiamento per tre giorni e tre notti, muovendosi continuamente ed impedendo alle bestie di mangiare e di bere. Ovviamente occorreva un'enorme scorta di torce ed uno sforzo pazzesco. Così gli animali avevano una specie di crollo psichico dovuto alla paura ed alla debolezza. Finiti i tre giorni, venivano spinti verso l'acqua a bere e gli indiani approfittavano della loro sete e della loro confusione mentale per avvicinarli e toccarli.
Dopo questo trattamento i bisonti risultavano sufficientemente ammansiti: non temevano più l'uomo. Non so come questo succeda. Forse i cavalli non capiscono che c'è un nesso tra gli umani, il fuoco e la sete. Quando poi si trovano a bere spossati, e invece di essere uccisi vengono accarezzati, acquistano fiducia e gratitudine. Uno sporco imbroglio insomma. Ai cavalli si fa credere che gli umani li hanno salvati dal fuoco.

Questa logica comunque è alla base del rapporto umani-cavalli. Il dominio sulle bestie si basa proprio sulla comprensione della meccanicità della mente degli animali. Un altro esempio utile per capire la mente animale lo troviamo in una tecnica di caccia al cervo in uso presso alcune tribù di nativi americani. è un rito di iniziazione durissimo che consiste nell'inseguire l'animale finché questo crolla. Sembra incredibile, ma funziona. Il giovane ovviamente non riesce mai a raggiungere il selvatico, ma non importa. è sufficiente che continui ad inseguirlo non lasciandolo riposare mai. L'animale infatti non scappa mai per dieci chilometri. Procede per fughe di poche centinaia di metri, quindi l'uomo può mantenerlo in uno stato di fuga costante.
L'animale ha certamente più riserve di energia che l'uomo, e quindi potrebbe resistere un secondo di più. In pratica però il cervo, dopo un paio di giorni, ha un crollo psichico. Non regge la tensione della paura e si arrende. Crolla letteralmente immobilizzato, incapace di muovere un'altro passo. Chiunque abbia domato un cavallo sa che questo è un nodo fondamentale del rapporto.
Il cavallo va spossato psicologicamente con la semplice pazienza. Una buona doma si ha solo se l'animale ha ceduto ed ha visto che quando era in nostra balìa, ormai incapace di difendersi o fuggire o resistere, noi non abbiamo approfittato di lui. Così si crea una fiducia impressa profondamente nella mente dell'animale. Lui sa che voi non volete ucciderlo, perchè non lo avete fatto quando lui si è arreso. Un diverso legame con i cavalli è certamente possibile, ma richiede che il cavallo vi riconosca come membro del suo branco in modo totale.

Per ottenere questo bisogna educare il puledro fin dalla nascita possando con lui un'enorme periodo di tempo. Allora la doma diventa per lui un passaggio naturale e l'essere cavalcato una sua seconda natura. Da un cavallo così cresciuto si possono ottenere comportamenti ed abilità incredibili, ma la difficoltà e l'enormità delle prove rendono rarissimo questo tipo di rapporto. Certamente qualora tra l'umano e il quadrupede si sviluppi un rapporto di affinità emotiva e di vera comunicazione (al di là delle tecniche usate, quando cioè si va al di là degli obiettivi tecnici delle doma) si hanno delle enormi soddisfazioni.
Amarsi coi cavalli è bellissimo.


Homepage JacopoFo.it Libera Università di Alcatraz vai in testa alla pagina