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'68.
C'ERA UNA VOLTA LA RIVOLUZIONE

I dieci anni che sconvolsero il mondo

Continua da pag.1

Dedicato a "Chi l'ha visto e a chi non c'era. E a chi quel giorno lì inseguiva una sua chimera".
(La mia banda suona il rock di Ivano Fossati)

Noi vecchi reduci di tutte le battaglie ogni tanto ci troviamo intorno al fuoco e ci raccontiamo di quelle notti e quei giorni in cui tentammo di fare la rivoluzione in Italia. Abbiamo raccolto tutte queste storie.
Gli episodi e i personaggi qui descritti e raccontati sono frutto di fantasia. Ogni riferimento a fatti o persone reali è puramente casuale.
Si dice così di solito no? Ad esempio, quei due che ogni tanto compaiono nelle pagine seguenti e che si chiamano Jacopo e Sergio (a volte parla in prima persona uno, a volte l'altro, oppure tutti e due insieme, a seconda di chi ha vissuto o si è ricordato, pardon, si è inventato, quel singolo fatto), è solo un caso se hanno il nostro stesso nome. Noi non c'entriamo niente, siamo falsi e bugiardi come tutti i sessantottini. Ma sì, i sessantottini, o per meglio dire quelli del Movimento, cioè quei brutti-sporchi-cattivi che hanno messo a ferro e fuoco l'Italia per un decennio dal '68 al '78, i truci protagonisti degli anni di piombo (il periodo precedente i mitici anni di merda, gli ottanta). Quelli del Movimento per fortuna non ci sono più, o se ci sono adesso sono pentitissimi del loro passato. Quanto eravamo cattivi! Ma cattivi proprio eh! Senza nessun'altra qualità, come oggi quasi tutti ci ricordano continuamente.
Se vi interessa la verità, non leggete le prossime pagine. Quella sta sui volumi di storia scritti dai vincitori. Noi vi raccontiamo un'altra verità, quella di chi ha fatto il '68 e anche il '69 (e il '70, il '71, il '72...).
P.S.
Io ero cresciuto ascoltando i dischi del Sole: Bella ciao e La Badoglieide. Avevo passato notti intere intorno al fuoco ad ascoltare i racconti di mio zio, il comandante Fjodor (come Dostoevskji, scusa se è poco), capo di una brigata Garibaldi in Friuli. Epiche battaglie contro fascisti, nazisti, cosacchi, titini e chi più ne ha... Meglio di Godzilla e di Il giorno più lungo messi insieme. Assalti a treni e amori leggendari, comandi delle camicie nere in fiamme e (ogni tanto) sbronze colossali e mangiate di porcini. Mi addormentavo sognando la guerriglia. Beati loro, che l'avevano fatta! Noi poveri sfigati dovevamo accontentarci di quello che passava il convento: scontri con i poliziotti e i fascisti. Che però erano ancora fascisti Doc, come ai tempi d'oro. Sparavano e tramavano alla grande.

La paura di un golpe ci accompagnava quotidianamente. Lo avevano fatto nel '67 i colonnelli in Grecia. Nel '73 ci riprovò con successo Pinochet in Cile. E anche in Italia ci davano dentro: De Lorenzo negli anni sessanta, il "piano Solo" e "La rosa dei venti" nei settanta. Si viveva con un piede fuori casa, pronti a entrare nella clandestinità (luogo mitico che nessuno conosceva realmente, anche se i manuali del perfetto clandestino andavano a ruba). La necessità di combattere i fascisti, e di attrezzarsi in caso di golpe, fu una causa non secondaria della nascita delle organizzazioni paramilitari dei gruppi della sinistra.
Il nostro più vivo desiderio era di entrare a Milano alla testa di una squadra di partigiani. L'avevamo visto fare nelle foto della Resistenza. Volevamo farlo anche noi.
Eravamo veramente convinti che avremmo fatto la rivoluzione e preso il potere. Eravamo anche preoccupati perché immaginavamo già che il comunismo non sarebbe stato tutto rose e fiori. Noi, un po' pacifisti, un po' fricchettoni, sospettavamo che, come succede sempre, l'ala dura e burocratica del partito avrebbe cercato di fare fuori noi colombe, subito dopo la vittoria comunista.

Per questo avevamo deciso che dovevamo prendere il comando della polizia segreta. Se la parte dei cattivi (del Kgb) la facevamo noi, nessun fottuto burocrate avrebbe potuto tradire la pace, i diritti umani e la felicità comunista. Con questo progetto in testa iniziammo l'attività politica.


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